(*) in inglese si direbbe “Meat treatment”
Testimonianza n° 248
all'intervistatrice Oriko Kuribayshi della UNOCIWC (1) presenti i
testimoni Douglas Enackonwer e Manuelo Depuio
Mi
chiamo Amina Hal Shar e ho 13 anni. Fino a 12 anni ho vissuto nel
Califfato . Quando avevo 11 anni, mia madre e mio padre sono morti
in un incidente d'auto. Avevo anche un fratello, che si è sposato
quando io avevo 10 anni. Dopo che i miei sono morti, sono stata
presa in casa da una zia. La zia era molto religiosa e mi faceva
portare il velo che copriva un occhio perché diceva che così è
giusto. A me non piaceva molto. La zia aveva un marito, ma io non lo
vedevo mai. Quando ho avuto 12 anni la zia ha detto che era ora che
mi trovasse un marito. Io non ero d'accordo e gli ricordavo che i
miei genitori non lo avrebbero permesso. Sono riuscita a fargli
promettere di aspettare che mi uscisse il sangue (si riferisce
ovviamente alle mestruazioni n.d.r.).
Dopo due mesi che me l'aveva chiesto sono stata molto male e mi è
uscito il sangue. La mia zia era tutta contenta, e mi ha presentato
un suo amico, tanto più vecchio di me. A me non piaceva, aveva una
brutta faccia e mi guardava con degli occhi cattivi. Io non volevo
andare a stare con lui. Alla televisione si vedevano ogni tanto le
pubblicità del nemico, dove le donne potevano mostrare la faccia,
prendere il sole e fare quello che volevano. Allora mi sono preparata
per scappare.
Ho preso i documenti di mia zia e
tutti soldi e il cibo che potevo portare, sono salita sull'autobus e
sono andata verso sud.
Arrivata all'ultima fermata prima
dei soldati, sono scesa e mi sono nascosta nel bosco. Si sentivano i
cannoni da lontano. Sono stata nascosta due giorni e due notti.
L'ultima notte si sentiva sparare tutto attorno, e avevo paura.
La
mattina dopo, ho sentito qualcuno che si muoveva nel bosco. Ho
guardato dal mio nascondiglio, e erano dei soldati come quelli che si
vedevano nelle pubblicità. Avevo tanta paura. I soldati sembrava
cercassero qualcosa. Uno mi ha visto e mi ha puntato il fucile
addosso. Mi ha gridato qualcosa. Avevo così tanta paura! Un altro
soldato ha gridato nella mia lingua di alzare le mani e di venire
fuori. Gli ho obbedito. Quando i soldati mi hanno visto bene, si sono
calmati. Uno si è avvicinato e mi annusato con una cosa strana.
Dopo si sono avvicinati tutti. Quello che parlava la mia lingua mi ha
chiesto:”Cosa fai qua da
sola?”. Mi sono
ricordata della pubblicità e gli ho detto:”Asilo!
Voglio asilo!”.
Quando lo ho detto, si è tolto l'elmo. Il soldato aveva la testa
rasata e gli occhi marroni. “Bene,
ti porteremo al nostro campo”
Mi ha tolto il velo, mi preso per la mano e siamo andati da dove
erano venuti.
Il campo non era così lontano. Il
soldato mi ha portato da una bella signora in uniforme, mi ha
accarezzato i capelli e se n'è andato.
La signora mi ha sorriso e mi ha
chiesto se avevo fame. Gli ho detto di sì e mi ha portato alla mensa
dei soldati. Non avevo mai visto così tanta roba da mangiare, solo
ai matrimoni. Mi ha spiegato come fare, e ho messo sul vassoio un
piatto di pasta, della carne e patatine, del pane e della frutta. La
signora ha preso da bere due lattine di aranciata, una per me e una
per lei. Mentre mangiavo, mi chiedeva delle cose. Quanti anni avevo,
se ero sola o avevo dei parenti. La carne era la cosa più buona che
avevo mai mangiato! La signora mi ha anche chiesto perché ero
scappata, e io gli ho raccontato della mia zia e del suo amico. Dopo
che ho finito di mangiare, la signora mi ha portato a un lavandino
dove ho lavato i piatti sporchi che avevo usato. “Qua usiamo così.”
mi ha detto.
Mi poi accompagnata in infermeria,
dove mi ha visitato una dottoressa. Mi ha guardato gli occhi, dentro
la bocca, mi ha fatto spogliare, e mi ha guardato dentro la “vagina”
e “l'ano” (2). Mi ha preso un po' di sangue (3), poi mi messo in
un macchina a tubo che ticchettava. Avevo un po' di paura, ma erano
tutte e due gentili e sorridenti. Quando sono uscita dalla macchina,
non c'erano più i miei vestiti e le scarpe. La signora mi ha dato un
nuovo vestito, biancheria e delle scarpe, e mi ha ridato i miei
gioielli. Poi mi ha accompagnato a un grosso elicottero, e mi ha
affidato a un soldato. Mi spiaceva lasciarla, e gli ho dato un bacio.
È rimasta sulla pista fino a quando sono partita con l'elicottero.
Era il mio primo viaggio in aereo! Ero emozionatissima ma non avevo
paura. Il soldato era seduto vicino a me, ma non parlava. Non mi
importava, perché guardavo dal finestrino.
Dopo
un bel po' di tempo, il viaggio è finito. Siamo scesi in una base
più grande. Il soldato mi preso per mano e mi ha accompagnato fino
all'uscita dell'elicottero. Fuori mi aspettavano un gruppetto di
ragazze. Appena le ho viste mi sono stupita, perché erano nude.
Avevano il seno di fuori! Mi hanno accolto con grandi saluti e mi
hanno portate dove dormivano. Guardando attorno, mi sono accorta che
tutti nel campo erano nudi (4). Nelle stanze delle ragazze, i letti
erano chiusi da tendine e avevano il televisore. Le quattro ragazze
mi hanno mostrato la loro stanza che aveva 5 letti.
“Quello è il tuo” Mi ha detto una ragazza bionda
che parlava un po' la mia lingua.
Mi
ha anche chiesto se volevo fare la doccia o andare a dormire.
Io
ero stanca, e ho preferito andare a dormire. Quando mi sono
svegliata, due di loro mi hanno accompagnata in un magazzino, e mi
hanno detto di prendere i vestiti che volevo. Mi hanno aiutato a
scegliere, e mi hanno dato dei profumi e dei saponi per lavarmi.
Sono
rimasta due settimane con loro (5). Tutti i giorni mi svegliavo con
loro e facevo tutte le cose che facevano , tranne usare le armi. Non
ero mai lasciata sola, e tutte cercavano di insegnarmi a parlare e a
scrivere nelle loro lingua. Erano tutte buone e gentili, ma mi sono
affezionata di più a Nancy, che ha gli occhi a mandorla e gli
occhiali. Nancy era quella che mi abbracciava quando mi veniva da
piangere. L'ultima notte, quando mi hanno detto che dovevo partire,
ho dormito abbracciata a lei (6). Mi aveva promesso che mi avrebbe
chiamato una volta alla settimana, e che mi veniva a trovare quando
poteva.
Adesso
sono da 10 mesi in quello che chiamano collegio. Mi hanno anche detto
che sono una figlia del 1° Reggimento(7). Nel collegio si sta bene.
Siamo tutte ragazze come me, e ci stanno insegnando tante cose. Nancy
mi chiama ogni settimana al videotelefono e mi chiede come va la
scuola. È già venuta due volte e mi ha portato dei regali. Le
voglio tanto bene.
Domanda:
Ti hanno chiesto se vuoi tornare a casa?
Risposta:
Si, e io gli ho detto di no (la minore sembra sincera n.d.I.)
Domanda:
Perché ?
Risposta:
Se ritorno, la zia mi picchierà. Quando gli ho detto che non mi
piaceva il suo amico, lo ha fatto.
Domanda:
Proprio non vuoi tornare?
Risposta:
Qua ci sono le mie amiche. E Nancy. Se tornassi a casa mia, non
potrei più vederla. E mi hanno detto che le ragazze che sono
scappate e poi tornate sono state uccise.
Domanda:
Cosa?
Risposta:xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx(OMISSIS)xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx(OMISSIS)xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx(8)
Domanda:
In collegio ti è stato chiesto se vuoi restare?
Risposta:
Si.
Domanda:
E cosa hai risposto?
Risposta:
Che volevo restare.
Conclusioni
dell'intervistatrice.
La
minore non ha dato segno di voler tornare alla sua famiglia di
origine. Non esistono evidenze di costrizione o condizionamenti. La
minore sembra si trovi benissimo dove si trova ora, e che provi un
reale affetto sopratutto verso la sua amica soldatessa, che vede come
una sorella maggiore. Inoltre, chiedere il suo rilascio verso il
nord, oltre a andare contro la sua volontà, vorrebbe dire
re-immetterla in zona di guerra e forse costringerla a un matrimonio
forzato.
note:
(1) United Nations Organization
Commission for Investigation of War Crimes
(2) La minore non ha usato questi
termini (n.d.r)
(3) Dalla documentazione allegata,
sembra che la minore avesse dei livelli anomali di ormoni nel sangue.
Sembra che nel Califfato si vendano dei farmaci per accelerare lo
sviluppo sessuale delle ragazze impuberi.
(4) A quanto pare, è
un'usanza dell'Armata. I soldati, maschi e femmine, quando sono
lontani dal fronte, non indossano mai la parte superiore delle tute
da combattimento. L'usanza sembra derivare dalla necessità di
riequilibrare la melatonina.
(5) In tutte le interviste di
minori, si è sempre rilevato questo periodo di convivenza con dei
reparti combattenti.
(6) Non sembra si tratti di
molestia sessuale.
(7) Questa definizione indica il
reparto nel quale si è svolto il periodo della convivenza. Sembra
che i minori ospitati siano considerati “figli adottivi” del
reparto.
(8) Gli OMISSIS riguardano avvenimenti non attinenti alla seguente indagine.
Testimonianza n° 151
all'intervistatrice Oriko Kuribayshi della UNOCIWC presenti i
testimoni Latifa Santiago e Saundra O'Dell
Mi chiamo Amina Kattafi e ho 23
anni. Ero sposata a Gamel Kattafi. Ho tre figli, Amir, Jahel, Omar di
8, 5, e 3 anni. Vivevo nella città di ***. Mio marito era meccanico,
io casalinga. Il giorno 7 ottobre *** sono arrivati i soldati del
nostro esercito. Un decina di soldati si è installata in casa mia.
Mio marito ha chiesto ai soldati il permesso di andarsene, ma loro
glie l'hanno negato.
“Che uomo sei se non combatti
con noi?” gli dicevano. Il mio povero marito non aveva mai preso
un'arma in mano in vita sua. Lui non voleva che noi fossimo in
pericolo, e già prima ci aveva preparato un nascondiglio nelle
vicinanze della casa. Una sera ci ha fatto scappare e ci siamo
nascosti lì. Il giorno dopo sono iniziati gli spari. Sono durati
poche ore. Un raffica è entrata nel nascondiglio e ci è passata
sopra la testa. Poi c'è stato silenzio. Io e i miei figli non
osavamo muoverci. A un certo punto si è sentita una intimazione:
“VOI IN QUEL BUCO USCITE!”.
Io mi sono distesa sui miei figli
e non ci siamo mossi.
Nella
porta del nascondiglio è entrato un proiettile che ha fatto un
grosso buco. Da quel buco è entrata una cosa ronzante, sembrava un
insetto. Dopo un poco la stessa voce ha detto con tono diverso:
”Donna
con tre bambini, esca fuori. Non le faremo del male”.
Allora sono uscita per prima, con
le mani alzate. Fuori c'era un gruppetto di soldati nemici con un
grosso cane. Il cane mi faceva più paura dei soldati.
Il
soldato che parlava ha detto :”Faccia uscire anche i
bambini. Non gli faremo male”.
Ho
detto ai miei figli di uscire. Quando siamo usciti tutti, si è
avvicinato un soldato con un scudo trasparente e uno strano
apparecchio. Ci ha esaminati tutti , me per prima (1). Dopo che
aveva finito, si sono avvicinati altri 4 soldati, che si sono tolti
il casco. Erano delle donne!
Una
di loro mi ha detto: “Dovremo farle un esame fisico. Si
dovrebbe spogliare.”
“Qua
di fronte a tutti?”
“Ci
siamo noi a impedire di vedere”
Due soldatesse distesero una
specie di telo, in modo che gli altri soldati non guardassero, e una
soldatessa portò i miei figli davanti al telo. La soldatessa che mi
esaminò per prima cosa mi tolse il velo e lo buttò via, poi mi
aiutò a togliere il vestito e le mutande. Si mise dei guanti da
medico e mi toccò dentro l'ano e la vagina. Mi premette anche con
delicatezza anche il ventre. Le due soldatesse col telo erano voltate
e non mi guardavano. Dopo aver finito, mi porse un vestito che aveva
tirato fuori da una borsa. Mentre mi vestivo, le chiesi:
ӏ
finito?”
“Si
signora.”
“Vorrei
cercare mio marito.”
“Non
può. Questa è una zona ancora pericolosa. Porteremo lei e suoi
figli al sicuro”
Le quattro soldatesse ci accompagnarono vicino a un carro
armato. Una di loro diede dei dolcetti ai miei figli. Mentre
aspettavano arrivarono altri soldati con due donne e un ragazzino da
solo. Ci fecero salire sul carro armato da dietro. Era una stanza
chiusa con dei sedili. Il portellone si chiuse e il carro partì.
Dopo
un viaggio piuttosto lungo, ci fecero scendere in un campo di
prigionia. Erano dei container circondati dal filo spinato. Prima di
farci entrare, le guardie diedero a me e alle due donne un cartoncino
col numero. Dissero che quando il numero veniva chiamato, tutta la
famiglia doveva presentasi all'entrata e farlo vedere alla guardia.
Il ragazzino venne portato da un'altra parte. Nel campo c'erano una
trentina di altre donne e una quarantina di bambini, non sopra i 12
anni. Tutte portavano lo stesso vestito che avevo io. Il vestito
aveva un cappuccio, e alcune si erano coperte i capelli e il viso.
Parlammo tra noi di cosa ci era successo, e di cosa ci aspettava. Una
era molto arrabbiata coi nemici e continuava a dire: “Li
ucciderò! Vederete, li ucciderò”.
Mi sembrava un po' pazza.
A un certo momento, chiamarono i
numeri. A ogni donna che si presentava, i soldati davano un vassoio
coperto con la plastica. Per ogni figlio, ne davano uno. Quando mi
chiamarono, me ne diedero quattro. Li aprimmo e trovammo del cibo,
che mangiammo. Circa un'ora dopo averci chiamato, ricominciarono a
chiamare i numeri. Questa volta, la donna e i figli uscivano dal filo
spinato e venivano portate da qualche parte. Dopo un po' di tempo,
ritornavano. Chiedemmo alle prime e ci dissero che gli facevano una
visita medica. Questa cosa andò avanti fino a notte inoltrata. Io e
i miei figli dormimmo in un container, dove c'erano dei letti
militari. Il giorno dopo, fui visitata anche io.
Il medico donna mi fece una visita
completa e anche una T.A.C. Lo stesso fu fatto ai miei figli.
Il giorno dopo la visita, fui
chiamata di nuovo, ma solo io. Questa volta incontrai un ufficiale,
che mi disse che potevo scegliere tra ritornare al nord, o andare
oltremare. Oltremare ci sono i miei genitori e due fratelli, al nord
solo la famiglia di mio marito, che però viveva nella mia città.
Dissi all'ufficiale che avrei
preferito andare oltremare. L'ufficiale annotò il mio numero e
tornai nel recinto. Due giorni dopo,molte di noi furono portate a un
aeroporto dove ci fecero salire su un aereo. Partimmo e arrivammo
nello stesso giorno. Dopo essere scesi all'aeroporto di *** i nostri
soldati ci portarono al campo profughi di ***.
Domanda:
I soldati occidentali l'hanno maltrattata?
Risposta: No.
Domanda: Ha visto dei soldati
occidentali maltrattare qualcuno?
Risposta: No... i soldati stavano
nella loro parte del campo, e noi nel recinto.
Domanda: Ha sentito da qualcuno di
qualche maltrattamento da parte dei soldati occidentali?
Risposta: Si. Nel recinto
circolava la storia che uccidevano i bambini maschi e gli uomini.
Domanda: Crede sia avvenuto?
Risposta: Non lo so. Attorno a me
c'erano solo donne e bambini non sopra i 12 anni.
Conclusioni
dell'intervistatrice.
La Signora Kattafi non ha subito o
assistito a atti di violenza di nessun tipo, effettuati da soldati
occidentali. Dalla sua testimonianza, sembra sia stata trattata
abbastanza bene dal punto di vista del cibo e medico. Non gli è
stata fatta nessuna pressione psicologica o fisica per convincerla di
qualcosa. In confronto alla minore Amina Hal Shar, sembra sia stata
considerata meno importante o utile da parte dei suoi carcerieri.
Attualmente, circa un anno dopo il
suo rilascio da parte dei soldati occidentali, lei i suoi figli si
trovano ancora nel campo profughi di ***. Ella spera che i suoi
parenti riescano a raccogliere abbastanza denaro da permettergli di
uscire.
note:
(1) Si tratta della procedura
standard per scoprire esplosivi.
Conclusioni.
La commissione ha stabilito che,
negli ottocento casi presi in esame, non esiste l'evidenza di crimini
di guerra, effettuati sui civili catturati, da parte dell'Armata. Si
è altre sì stabilito che l'Armata divide i prigionieri di sesso
femminile in due categorie.
Le due categorie corrispondono
grosso modo all'accettazione della cultura occidentale da parte della
prigioniere. Le donne che dimostrano di accettare la nuova cultura,
sono inserite nella società occidentale dopo un periodo di
adattamento. Quelle che non l'accettano sono smistate oltremare o
rimandate al nord. Lo studio soffre di una grave lacuna, in quanto
non è stato possibile intervistare prigioniere rilasciate al nord.
Tutte le interviste di ex prigioniere scambiate oltremare danno
l'impressione che si tratti di donne di scarsa fede religiosa e
politica. Sembra che la discriminante effettiva tra l'essere mandate
a nord o oltremare sia la fede religiosa e politica. Tutte le
intervistate affermano comunque di non essere state maltrattate.
La commissione è giunta alla
conclusione che l'Armata intraprenda una politica di acquisizione di
appartenenti al sesso femminile della società nemica. In altre
parole, sembra che faccia una cernita delle prigioniere e inserisca
nella propria società quelle che considera più adatte. È difficile
considerare questo un crimine di guerra, in quanto tutte le inserite
sono in qualche modo volontarie e non subornate. Sembra che questa
selezione non sia effettuata per i prigionieri di sesso maschile.
Se non sbaglio, Nancy è quella in mezzo.
Sembra che questa selezione non sia effettuata per i prigionieri di sesso maschile.
RispondiEliminaI maschi nemici sono teste troppo dure? ;)
Le soldatesse nella foto di che paese sono? Dall'aspetto e dall'ambiente parrebbero israeliane.
Mi ricordano un po' i gatti che si acciambellano fra loro quando hanno freddo.
quando parlerò dei prigionieri di sesso maschile, dovrò spiegare la differenziazione tra le varie categorie...
RispondiEliminale soldatesse sono israeliane, del Battaglione Caracal (che è appunto un felino, guarda caso!)
I like it! :)
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