venerdì 1 febbraio 2013

sketch di un romanzo/sceneggiatura/fumetto da fare.Trattamento della ciccia. Cattura.


 Alla fine, è semplicemente una questione tecnica, come sempre. Le bombe d’aereo e i proiettili d’artiglieria sono grossi e pesanti perché devono essere grossi e pesanti. Quello che demoliscono, lo abbattono con la forza bruta. Tutte le strutture costruite dall’uomo collassano su se stesse, se si somministra una piccola quantità di esplosivo nei punti giusti. Tutte, tranne i bunker. I bunker sono la cosa più simile a un ammasso di roccia compatta che l’uomo riesce a produrre. Del resto, anche i bunker di per sé non sono un problema... è la carnaccia che c’è dentro, a essere il vero e unico problema.

Il reparto si era trovato di fronte a tre grattacapi di questo tipo. I bunker erano stati sbrecciati, frantumati e fritti dai colpi dei tank e dalle incendiarie. Ma sotto, esisteva una rete di gallerie buie, oscure, fetenti... nelle quali nessuno avrebbe voluto entrare dentro per rastrellare, semplicemente perché c’erano sicuramente dei nemici acquattati. Se là sotto ci fossero stati appartenenti di qualsiasi altro esercito, probabilmente si sarebbero già arresi, ma sicuramente c’era qualche deficiente che smaniava di morire urlando “Zio è grande!”...
Però, non si poteva semplicemente andarsene.
Sgradevolmente conscio di questa necessità, il capitano urlava con un megafono all’imbocco del passaggio che emergeva dalle rovine del bunker più grande.
SAPPIAMO CHE SIETE LI’ DENTRO. USCITE! ARRENDETEVI E NON VI SARA’ FATTO DEL MALE!
Dopo aver ripetuto il latrato un paio di volte, l’ufficiale cominciava a innervosirsi. Era circondato da soldati che puntavano i ferri sull’ingresso, come se si aspettassero un’invasione di demoni.
Dal buio emerse una voce: “FANCULO TU INFEDELE”, accompagnata da una sparacchiatina a caso. Nessuno fu sfiorato, ma il capitano si arrabbiò. “va bene , va bene...” tontognò a bassa voce.
“Portatemi una Keciuppo” ordinò con voce torva. Un soldato corse fino a un blindato, e tornò indietro con una grossa granata a manico dipinta di arancione, che porse all’ufficiale.
MI AVETE ROTTO IL CAZZO. ADESSO PUPPATEVI IL GAS, COGLIONI!” Sbraitò.
A beneficio dei suoi soldati, proclamò alla radio.“GAAS! GAAS!” Tutti i soldati in zona si affrettarono a fissare il filtro all’elmo. L’ufficiale lanciò la granata nell’entrata. Si sentì una esplosione smorzata. Qualche secondo dopo, dei colpi di tosse nel buio.
In attesa nelle rovine di un altro bunker, i soldati sentirono rumore di passi. Dall’ingresso della galleria sortì un barbone sparacchiante e urlante, tipo pagliaccio nel cerchio. Il personaggio si beccò almeno una trentina di proiettili da cinque tiratori diversi. L’EROE, abbondantemente macinato dalle pallottole, si spiattellò sul pavimento di cemento. Sul prato, a cinquanta metri dai bunker, si alzò una specie di botola.
“Ehi, guarda là “ disse un carrista, visto il movimento, al soldato che si era issato sulla torretta.
“CAZZO, i sorci!” esclamò il soldato puntando l’automatico.
“’spetta, ghe pensi mi” replicò il carrista brandeggiando la sua calibro 15.
Nel frattempo, il primo dei nemici si era issato fuori a forza di braccia. Cominciò a correre. Il carrista lasciò partire una scarica. La parte superiore del nemico esplose come un palloncino. La parte inferiore corse per altri due passi prima di cadere. Quello che stava uscendo fu investito da alcuni schizzi di materiale. L’urlo di orrore si sentì nonostante la distanza. Alcuni soldati, visto dove sparava il tank, accorsero in fretta. Il nemico macchiato di sangue e interiora si contorceva per terra, cercando di pulirsi. Un altro, affacciato alla botola, guardava con aria incredula l’insieme.
Il soldato più vicino ululò:”MANNI IN ALTRO TESTI DI BAZZO!”. I due nemici si inginocchiarono e cominciarono a salmodiare “PIETA’!PIETA’!NON SPARARE!
“HO BECCATO UN PAIO DI “SALUMI”!” avvertì il milite via radio.
“Bene, portali al campo.” Rispose l’ufficiale.
Con gli opportuni cenni del fucile il soldato costrinse i due a alzarsi e andare verso gli altri.
A 10 mt di distanza dai suoi commilitoni, li fece sdraiare pancia a terra, gli serrò le mani con i “lacci di satana”(1) e gli tagliò gli scarponi con il coltellaccio. Dopo li aiutò a alzarsi tirandoli per il collo.
Dall’ingresso da dove era uscito il pagliaccio, uscì traballando un nemico disarmato, tossendo in modo terribile. I militi lo guardarono come una bestia rara, con le armi abbassate.
“E questo qua?”
“Se tossisce, è già fottuto. È solo questione di tempo.”
“Imbecille, doveva uscire prima.”
Il più alto in grado alzò il mitragliatore.
“BANG!”
Lo abbatté con un colpo in testa.
Sentendo quello sparo isolato, i nemici ammanettati rabbrividirono. Il soldato gli punzecchiò con la baionetta per farli andare avanti.


(1) laccio di satana o lasso infernale : sono manetta di plastica affilata. Se il prigioniero muove le mani, la manetta lo taglia. È usata solo nelle cattura di prigionieri generici, in quanto il soggetto può usarla per suicidarsi.

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