domenica 20 marzo 2011

I costruttori di imperi : Shaka Zulu.

Decima puntata della storia del Napoleone Nero



Neue Ordnung (nuovo ordine)

Sotto Shaka, i maschi della società Zulu si dividevano in 3 categorie principali:
Umpakati : il veterano
Izimpohlo e Insizwa : il giovane guerriero
Amabutu : il giovane che non aveva (ancora) servito in guerra.

Come si può vedere, tutto era finalizzato per una unica funzione. Esistevano persone che non entravano in questa classificazione, come i fabbri e gli izAngoma /Inyanga, ma erano delle assolute minoranze.
Non è molto chiaro se gli Amabutu comprendevano anche gli izinDibi, i quali a rigore di logica avevano fatto parte dello sforzo bellico... ma immaginando la monomania di Shaka, è molto probabile.
Gli iziNsizwa erano il gruppo maggioritario maschile. Il termine indica i giovani guerrieri, ma tra di loro si trovavano spesso uomini oltre i 30 anni. Era un modo per indicare genericamente chi non era sposato. Da notare che, nella cultura Ngomi, il matrimonio era il momento nel quale l'uomo diventava pienamente maturo e membro della società a pieno titolo... gli uomini non sposati erano costretti a rimanere nella casa del padre, sempre sottoposti alla sua volontà e altresì sottoposti a varie limitazioni sociali. Solo gli sposati sfoggiavano l’anello (isiCoco)(59) sulla testa e anche quando non lo portavano, si distinguevano per la particolare rasatura dei capelli.
Shaka aveva una scarsa considerazione dei guerrieri coniugati, e dava la propria preferenza agli scapoli. I celibi, a parte qualche breve visita ai familiari, erano perennemente distaccati nel villaggio caserma, mentre gli uomini ammogliati vivevano con la propria famiglia, restando però richiamabili in qualsiasi momento al servizio del Re (60). Bisogna anche considerare che gli coniugati, risiedendo nei villaggi, rientravano sotto l’autorità del governatore locale, mentre i residenti negli amaKhanda erano sempre e soltanto agli ordini del Re.
Shaka permetteva ai suoi guerrieri di sposarsi solo dopo una sua autorizzazione collettiva al reggimento. Questa autorizzazione dipendeva dal suo capriccio, e in media, i guerrieri la ricevevano solo verso i 40 anni, dopo almeno 15/20 anni di servizio (necessariamente glorioso), solo quando il reggimento veniva disciolto, e i guerrieri esentati dal risiedere nell'iKhanda.. Ma Shaka si arrogava anche il diritto di formare le coppie a proprio piacimento... spesso, dava l'ordine al reggimento di sposare le donne di un reggimento di un iKhanda diverso, in modo da distruggere le eventuali unioni clandestine precedenti. Solo ed esclusivamente a dei guerrieri particolarmente valorosi, era permesso di scegliere la propria sposa.
Come si può vedere, Shaka fece dipendere la maturità dalla capacità combattiva. In pratica i maschi Zulu erano costretti a essere degli eterni minorenni sottoposti alla sua volontà, che riponevano la speranza di diventare adulti solo nella guerra. Solo con le razzie ci si poteva arricchire rubando il bestiame altrui, solo comandando dei guerrieri si poteva salire di rango.
La vita dei sudditi fu marzializzata in ogni modo. Il combattimento col bastone tradizionale (ukuxoshisa), fu promossa tra i giovani, e furono organizzati tornei nei quali il Re premiava i vincitori con capi di bestiame.
Come si può vedere, l'esercito di Shaka era un esempio di società totalizzante e alternativa (61). In pratica, riproduceva l'organizzazione precedente della cultura Ngomi, ovvero uomini che combattevano, allevavano e cacciavano, donne che coltivavano e badavano agli alloggi, ragazzini che svolgevano compiti suppletivi.
Con la sostanziale differenza che, in questo caso, non esisteva nessun legame parentale, nessuna proprietà personale, nessuna famiglia (62).
Teoricamente, un uomo poteva entrare negli izinDibi a 10 anni, restare nei servizi logistici per 8 anni, arruolarsi nel reggimento a 18, fare il guerriero per 20 anni (63), e poi avere un accenno di vita propria a 38/40... con una moglie che poteva aver conosciuto solo al momento della dispensa reale....
Le donne entravano nel reggimento a 13/14 anni e vi potevano rimanere fino a oltre i 40 anni (così facendo, il Re controllava in modo indiretto la loro fertilità). Come riportano resoconti di osservatori inglesi, durante il regno di Shaka si rilevava la presenza di molte donne nubili sopra i 40 (64).
Alla fine, il giovane guerriero (e la giovane donna) dimenticava il villaggio natio, le sue tradizioni, il suo dialetto, per diventare un AmaZulu, o meglio, un suddito di Shaka Zulu (65).
Era anche comprensibile che a lungo andare, i reclutati si immedesimassero completamente nel reggimento, tant'è che affermavano di se stessi :" io sono dello amaWombe" piuttosto che definirsi con il nome del Clan o del villaggio originario (66).
È interessante, come tutto questo sembri un esperimento a tavolino di costruzione di una società totalitaria.

(59) È necessario spiegare che lo isiCoco “non” indicava che l’uomo era sposato, ma che “aveva ricevuto” dal Re l’autorizzazione a sposarsi. Non è da considerarsi come una fede matrimoniale.
(60) Il reggimento di questo tipo era detto iBandhla imhlope , assemblea bianca, che può riferirsi al colore degli scudi o anche al colore dei capelli dei questi veterani (personalissima opinione)...
(61) Si noti come un iKhanda assomigli a un falansterio socialista.
(62) Come in tutte le società totalitarie.
(63) Con una campagna militare all'anno.
(64) Persone a cui non era stato dato il permesso di sposarsi. Da notare che figure del genere, cioè donne inutilizzate dal punto di vista riproduttivo, non esistono nelle società tradizionali.
(65) In realtà, il regno di Shaka durò meno di un quarto della vita di questo guerriero teorico.
(66) Esistono anche nella nostra società atteggiamenti simili, ad esempio lo spirito dei nostri alpini o l'orgoglio dei veterani americani che hanno servito sotto il generale Patton. La differenza è che questo sentimento non è alternativo alla famiglia e alla città d'origine... curiosamente anche questo sentire ricorda il rapporto tra Napoleone e i suoi grognards.

2 commenti:

  1. Alla nota 66: a me viene in mente anche il motto Legio Patria Nostra della Legione Straniera Francese. Quello spirito penso sia alternativo alla famiglia e alla città d'origine. Almeno finchè il legionario è in servizio. O è una delle tante leggende su quel corpo?

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  2. ottima osservazione.
    da quello che so della Legione Straniera, però, questo senso di appartenenza è alternativo solo allo stato di origine... (che so Germania, Italia, ecc.) non alla patria di adozione, cioè la Francia... del resto, la Legione non esiste senza la Francia...

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